du 17 au 20 novembre
Date de sortie 1 août 2018 (1h 45min)
De Gabriele Muccino
Avec Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci
Genres Comédie, Drame
Nationalité italien
Synopsis : Une famille italienne se réunit sur une petite île pour célébrer les 50 ans de mariage de leurs aînés, Pietro et Alba. Lorsqu’un orage inattendu les surprend, tous les membres de la famille sont contraints de cohabiter pendant deux jours et deux nuits. Cette cohabitation forcée ravive bientôt les disputes oubliées et les vieux conflits, transformant l’île en véritable labyrinthe des passions.
Critique par Thierry Chèze (Première)
Repéré en 2001 avec le délicieux Juste un baiser (Prix du public à Sundance), l’italien Gabriele Muccino a dès lors beaucoup posé sa caméra Outre-Atlantique à l’invitation notamment de Will Smith (A la recherche du bonheur, 7 vies…). Avec à la clé une série de mélos sirupeux – à peine interrompue par Encore un baiser, suite ratée de son premier succès – qui donnait l’impression d’une longue et inéluctable dégringolade. Avec son grand retour sur le sol italien, on espérait le voir repartir sur de nouvelles bases. Las, quelque chose semble définitivement cassé dans la mécanique Muccino, si prompt à ses débuts à émouvoir sans verser dans le mélo sirupeux ou le grand-guignol involontaire. Son film choral suit ici les règlements de compte à l’intérieur d’une famille réunie pour les 50 ans de mariage de leurs aînés et bloquée sur une île deux jours et deux nuits à cause de la météo. Des personnages réduits à des archétypes, un jeu outré (à l’exception notable de Stefano Accorsi, le seul à apporter de la nuance) et une B.O. aussi omniprésente qu’insupportable finissent par tuer dans l’œuf le festival d’émotions que cherche à orchestrer Muccino. A l’écran, on s’agite et on crie énormément au fil de scènes dont on devine chaque rebondissement bien trop en amont. Beaucoup de bruit pour hélas pas grand-chose donc.
Pietro e Alba festeggiano cinquant’anni d’amore. Dal loro matrimonio sono nati Carlo, Sara e Paolo, imbarcati con coniuge, prole, zie e cugine per un’isola del Sud. In quel luogo ameno, in cui Pietro e Alba hanno speso il loro tempo più bello, si riunisce una famiglia sull’orlo di una crisi di nervi. Carlo, separato da Elettra, è vessato da Ginevra, la nuova e insopportabile consorte, Sara, sposata con Diego, cerca di recuperare un matrimonio alla deriva, Paolo, cacciato dalla moglie e disprezzato dal figlio a causa di un tradimento, gira a vuoto e finisce a letto con la cugina. E poi c’è Riccardo che aspetta un figlio da Luana ed elemosina una (seconda) chance allo zio Pietro, Elettra che prova a fare fronte alla gelosia di Ginevra e Isabella, moglie annoiata di un marito troppo lontano che tradisce con Paolo. Il mare grosso e un temporale improvviso, impediscono le partenze dei traghetti e costringono gli invitati a prolungare soggiorno, convivenza e agonia. Satelliti nevrotici intorno agli ‘sposi’ provano a passare una nottata che non passa e non passerà.
A casa tutti bene, a dispetto del titolo evidentemente ironico, è una commedia « che sta male ». Stanno male i suoi personaggi, tutti piccoli piccoli e alle prese coi contrasti e i conflitti (mai risolti se non a colpi di sceneggiatura) dei capitoli precedenti (L’ultimo bacio e Baciami ancora). Muovendosi con flusso ondivago dall’uno all’altro, A casa tutti bene comincia con la voce fuori campo di Stefano Accorsi, decano del genere, che sembra voler focalizzare la vicenda da un punto di vista soggettivo, ma poi la voce si perde nell’isteria collettiva, torna per un istante col timbro di Pierfrancesco Favino, per poi scomparire definitivamente, dichiarando la difficoltà a trovare un punto di vista. Sulla vicenda narrata, sui suoi personaggi.
Lo sguardo dell’autore va e viene, fugge e ritorna, tradisce e si pente alla maniera dei suoi protagonisti e coerente con quel nomadismo sentimentale che è da sempre la sua cifra e che da sempre li riguarda. Ma poi qualcosa accade, qualcosa di inaspettato e inaspettatamente sorprendente. Quella che sembrava l’ultima ed ennesima versione della sindrome di Peter Pan infila la deriva e traghetta le sue anime oltre la linea d’ombra. A questo giro di giostra i baci sono amari e conducono all’appuntamento con le scelte irreversibili della vita. A questo giro, ancora, non ci sono effetti di campo o di copione a blandire, soccorrere e assolvere i personaggi. Condotti al loro punto di rottura, con modalità diverse e appropriate al registro degli attori in campo, i protagonisti dovranno (finalmente) fare delle scelte, confrontarsi (senza sconti) con la propria narcisistica immaturità. Niente famiglie ricompattate al capezzale di un padre malato (Ricordati di me) o di un figlio in arrivo (L’ultimo bacio).
Come una diaspora, A casa tutti bene disperde i suoi personaggi nel mondo, lontani dal centro, dalla casa-madre, da un pianoforte scordato come loro. Diventa grande a fatica il cinema di Gabriele Muccino, sempre fuori dal tempo e ficcato in una dimensione insulare (« l’isola che non c’è », la chiama il Paolo di Accorsi), sempre in ritardo sul mondo in cui ci è dato vivere, sempre accanito sugli attori, veterani cronici della declamazione armata, carica a pallettoni e massime da cioccolatini, sempre indulgente con i suoi uomini e le sue donne che non assumono mai uno sguardo (auto)critico. Ma confidiamo nella burrasca che li ha colti, nella crepa, che li ha spezzati e ha spezzato (forse) lo schema. Confidiamo nel sorriso di Valeria Solarino che prende atto e riparte. In barba alle stupide, quelle che perseverano nel dolore (Sara) e quelle che lo cambiano soltanto di posto (Ginevra).