du 15 au 18 octobre 2016
Acteurs : Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti,
Genre : Comédie dramatique
Nationalité : Italien, Français
Sortie : 8 juin 2016 ; Durée : 1h 58min
Critique Telerama lors de la sortie en salle par Bruno Icher
Un mot semble résumer l’ensemble du propos de Folles de joie : hystérie. Mais le terme est si galvaudé, si chargé de malentendus et de raccourcis sexistes qu’il est impossible de s’en contenter, même si c’est bel et bien le point de départ du film. Dans une magnifique villa toscane transformée en lieu d’hébergement pour femmes mentalement instables, deux pensionnaires veulent se faire la belle. L’une, grande bourgeoise qui n’a pas abandonné une once de ses rêves de grandeur, est plutôt du genre euphorique, branchée sur 220 volts nuit et jour. L’autre, dépressive chronique, est l’allégorie à peine vivante de la souffrance de vivre, la faute à un passé tumultueux. Dans le huis clos mi-carcéral, mi-communautaire hippie du début, le message est clair : une femme aux aspirations de liberté est une folle et, comme telle, doit être retirée du circuit social.
Quand s’enclenche la mécanique, bien connue, de la cavale, variation à peine dissimulée de Thelma et Louise chez les zinzins, Paolo Virzì a la clairvoyance de ne s’attacher qu’à ses personnages et à leur pouvoir comique. C’est un peu laborieux avec l’incarnation de la tristesse, campée par Micaella Ramazzotti dont le rôle de suicidaire fracassée prête rarement à rire. En revanche, dans le registre de l’excentricité solaire, Valeria Bruni-Tedeschi est sans égale, d’autant qu’elle sait étendre son jeu en versant dans la colère effrayante. Le road-movie qui suit ces deux femmes, prêtes à n’importe quelle dinguerie pour profiter de quelques instants de liberté supplémentaires, est le prétexte à une succession de scènes souvent très drôles. Paolo Virzì, qui a calé sa mise en scène sur ces disputes, hauts cris, affrontements et malentendus, est à l’unisson… — Bruno Icher
Beatrice Morandini Valdirana ha tutti i tratti della mitomane dalla loquela inarrestabile. Donatella Morelli è una giovane madre tatuata e psicologicamente fragile a cui è stato tolto il figlio per darlo in adozione. Sono entrambe pazienti della Villa Biondi, un istituto terapeutico per donne che sono state oggetto di sentenza da parte di un tribunale e che debbono sottostare a una terapia di recupero. È qui che si incontrano e fanno amicizia nonostante l’estrema diversità die loro caratteri. Fino a quando un giorno, approfittando di una falla nell’organizzazione, decidono di prendersi una vacanza e di darsi alla pazza gioia.
Paolo Virzì, con la collaborazione di Francesca Archibugi alla scrittura, ha lasciato il freddo Nord di Il capitale umano per tornare nell’amata Toscana che gli consente di fondere, come solo lui sa fare, ironia, buonumore e dramma muovendosi tra le diverse temperature emotive con una sensibilità che si fa, film dopo film, sempre più acuta e partecipe delle sorti dei personaggi che porta sullo schermo. Si sono già scritte nel passato pagine e riflessioni su un Virzì erede della commedia italiana degli Anni d’Oro ma quello che si può aggiungere ora è che al suo personale capitale di autore si è aggiunta una capacità di sguardo sul mondo femminile che nel cinema italiano diretto da uomini non è per nulla usuale.
Sarà forse perché sa scegliere le sue interpreti (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti sono entrambe straordinarie, ognuna a suo modo, nello scavare in personaggi non facili da rendere tenendo la retorica a dovuta distanza). Sarà perché nel film si sente la verità iniettata (questo è il termine giusto visto che di medicinali si tratta spesso) grazie a una lunga ricerca sul campo su un disagio sociale che si traduce in un disagio psichico. Sarà anche perché si avverte l’attenzione partecipata ad ogni singolo dettaglio in un film in cui si capisce che anche l’ultima comparsa si è sentita parte di un progetto condiviso. Un progetto che vuole porre in evidenza la condizione di questo particolare tipo di donne condannate da una vita in cui hanno sbagliato trovandosi poi però dinanzi a terapeuti ed assistenti sociali che ogni giorno gli sono accanto e combattono con le loro patologie ma anche con visioni banalmente punitive che nulla hanno a che vedere con il recupero sociale. Riuscire a dire tutto ciò (e anche molto di più) in un on the road in cui si ride, si sorride e ci si commuove non era impresa facile. A Paolo Virzì è riuscita da maestro.